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(Il Giornale, Pubblicato Mercoledì 21 Luglio 1999)
C'erano
una volta i liguri. C'erano e non erano come quelli attuali che, per quanto
radicati nella loro regione, costituiscono una comunità ben più composita di
quanto non fosse quella dei loro antenati. Gli antichi abitanti della costa
erano soprattutto temibili guerrieri, gente un po' rozza e tanto scontrosa,
ma quanto mai orgogliosa e indipendente. Se vogliamo conoscerli meglio e risalire
alle loro origini dobbiamo fare un salto ai Balzi Rossi, in quel di Ventimiglia,
dove nel 1872 vennero alla luce gli scheletri di una popolazione che viveva
nelle grotte, sul mare, più o meno nel periodo del Paleolitico Superiore. Sepolti
sotto uno strato di ocra rossa, il medico-archeologo francese Emile Riviè re
trovò tre corpi di uomini adulti: il primo, disteso sul fondo della grotta detta
del Caviglione, era alto un metro e novanta; gli altri due, seppelliti nella
caverna del «Bausu da Ture» , misuravano rispettivamente 1,85 e 1,95 metri.
Tutti e tre appartenevano al tipo Cro-Magnon, cioè erano dei colossi dai tratti
piuttosto marcati dotati di una certa sensibilità artistica e anche di un'innegabile
intelligenza visto che accanto ai corpi fu rinvenuto una specie di calendario
primitivo che segnava i principali fenomeni celesti.
I liguri vengono dunque dalle popolazioni dei Cro-Magnon? Al tempo: nel 1901
il canonico Louis de Villeneuve in una grotta di Grimaldi trovò altri due scheletri
appartenenti ad un ragazzo alto un metro e 55 e ad una donna, forse sepolta
viva per sacrificio, alta un metro e 57. Entrambi questi individui in un primo
tempo vennero definiti «negroidi» e, anche se recentemente alcuni studi hanno
teso a escludere questa ipotesi, il dubbio che una razza «africana» possa aver
convissuto o preceduto gli uomini dei Balzi Rossi, in qualche scienziato esiste
ancora.
Comincia praticamente con questo enigma archeologico il libro «I liguri» , etnogenesi
di un popolo, scritto dal professor Renato Del Ponte per i tipi della Ecig.
Secondo il docente, ad un certo punto della
preistoria i Cro-Magnon sparirono da quello che era sempre stato il loro territorio
per lasciare il posto ad un'altra razza,la cosidetta atlanto-mediterranea. Le
cose andarono pressappoco così : verso la fine dell'ultimo periodo glaciale
una parte dei Cro-Magnon prese la strada del Nord dando origine alla « civiltà
della renna» per poi sparire nel nulla. Un altro gruppo di Cro-Magnon, invece,
raggiunse l'Africa del Nord diventando Berberi dell'Atlante, Cabili dell'Algeria
e Guanci delle Canarie.
Fatto sta che da quel momento in avanti, siamo già nel Neolitico, in quella
che oggi è chiamata Liguria apparve la «razza litoranea» , meglio detta «atlanto-mediterranea»
che sarebbe stata originata dai vecchi residenti mescolati con i neolitici mediterranei.
Secondo lo studioso francese Poisson (Le peuplement de l'Europe, Parigi 1939),
il ligure di quel tempo era così fatto: «Ha una taglia elevata, una dolicocefalia
tendente alla mesocefalia, in seguito allo sviluppo di bozze parietali, faccia
disarmonica, prominente, mandibola bassa, mento assai accentuato, avambracci
lunghi, mani e piedi molto grandi, torso largo, lo scheletro dai caratteri robusti,
colorito bruno vivo, capelli di un nero brillante e piuttosto ispidi, gli occhi
di un bruno rossiccio» .
Anche per quanto riguarda la genetica si fanno delle ipotesi precise. Pare che
gli europei autoctoni, dei quali facevano parte i primi abitanti della Liguria,
avessero una forte percentuale sierologica del gruppo 0 e pressoché assenza
del gruppo B, mentre l'Rh era negativo. Poi venne l'invasione dall'Oriente e
con quella arrivarono i geni Rh-positivi.
La rivoluzione,
dunque, avvenne nel Neolitico da quando, in pratica, si comincia a parlare di
una popolazione ligure derivata dalla parola indo-europea liga che significa
«luogo paludoso» o «acquitrino» . Un termine che troviamo ancora oggi nel francese
«lie» nel provenzale «lia» . Col termine «ligure» vennero denominate le popolazioni
che abitavano le pianure alluvionali del Rodano. Anche se altri studiosi sostengono
che i greci chiamarono «Liguses» residenti della pianura che c'è tra Narbona
e l'oppido di Montlaurè s, e in particolare i commercianti del quartiere marittimo
di Narbona.
Come ci spiega il professor Henri Dubert, direttore dell'Ecole sed Hautes Etudes
de France, nella sua documentatissima storia dei Celti (in Italia pubblicata
sempre dalla Ecig) «gli antichi scrittori, che pare conoscessero perfettamente
i liguri, non riferivano il loro nome a una nazione smisuratamente estesa, ma
più genericamente a un nutrito gruppo di tribù (Salii, Taurini, Siculi, Ambroni),
distinte dai Celti e dagli Italioti» .
A questo riguardo, pare ormai certo che tra il Neolitico e l'Età del bronzo
una popolazione mediterranea, che in seguito verrà chiamata ligure, abbia lasciato
la costa africana o medio-orientale per dirigersi verso Nord in cerca di nuove
terre approdando infine sulla costa delle riviere. Secondo un'altra ipotesi
avanzata da William Ryan e Walter Pitman, professori di geofisica alla Columbia
University di New York («Il diluvio» , Edizioni Piemme), in quel periodo l'Europa
venne invasa via terra da popolazioni profughe del Mar Nero fuggite dal loro
paese in seguito a uno spaventoso diluvio che fece crescere di 170 metri il
livello delle acque di quello che allora era soltanto
un grande lago. In questo caso i fuggiaschi arrivarono in Francia dal Nord e
questo spiegherebbe perché nell'antichità si parlava di un afflusso di genti
che venivano dal Nord, anche se non è di quei territori che in effetti erano
originari. Inoltre un segno ricorrente nella mitologia degli antichi liguri
è il cigno iperboreo, animale che farebbe pensare ad un apparentamento con le
popolazioni nordiche.
Comunque sia, successivamente una tribù di questo popolo, appunto quella dei
Siculi, si recò nell'isola che poi avrebbe preso il loro nome. Altri invece
si stabilirono nel territorio laziale. Altri ancora, come spiega lo stesso professor
Del Ponte, lasciarono evidenti tracce nel Trentino-Alto Adige tra le cui montagne
della zona ladina formarono una colonia. «Infatti - sottolinea Del Ponte - ancora
oggi si può riscontrare una metafonia, cioè una similitudine disuoni, simile
in Liguria, nell'area ladina e in Sicilia. Tanto per fare alcuni esempi, basti
pensare alla ligure Lerici e alla siciliana Erice, a Sestri e a Segesta» .
Del
Ponte a questo proposito cita un passo di Dionigi di Alicarnasso riferito a
Filisto di Siracusa, vissuto nel V secolo a.C.: «Come scrisse Filisto di Siracusa,
la data del passaggio fu l'ottantesimo prima della guerra di Troia e il popolo
che giunse dall'Italia non fu né quello degli Ausoni né quello degli Elimi,
ma quello dei Liguri, guidato da Siculo. Narra poi che questi era figlio di
Italo e che gli abitanti del suo regno erano chiamati Siculi: scrive anche che
i liguri furono cacciati dalle loro terre da Umbri e Pelasgi» .
Col passare dei secoli le popolazioni liguri vengono sottomesse dai nuovi invasori
Celti, barbari provenienti dal Nord che però non riusciranno mai a integrarsi
completamente con gli orgogliosi liguri, ed entrano in contatto con gli Etruschi,
cioè coloro che fonderanno il porto commerciale di Genova, e con altre due popolazioni
nordiche scese al Sud, i Latini e gli Umbri, che presto daranno origine alla
potenza romana. Nelle guerre puniche le città liguri stringono alleanze diverse:
Genova sceglie i romani, i centri rivieraschi di Ponente Cartagine, città con
la quale avevano frequenti scambi commerciali. I romani, dopo la vittoria su
Annibale, fanno terra bruciata a Ponente, ma devono faticare non poco per battere
definitivamente i liguri ribelli. Dopo alcune brucianti sconfitte, nel 180 a.C.
i generali romani Publio Cornelio Cetego e Marco Bebio Tanfilo riescono ad avere
la meglio sui liguri apuani e, con il consenso del senato, trasferiscono di
forza 40 mila famiglie liguri nel Sannio, non lontano da Benevento. Da quel
momento la storia della Liguria si unisce a quella di Roma e, tra alti e bassi,
ne seguirà il destino.
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