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La strana avventura di un metronotte ligure, "rapito" nel 1978 da giganteschi extraterrestri
Gli inquietanti fenomeni si ripeterono per quattro volte
– Pier Fortunato Zanfretta
raccontò di aver visto "un essere alto tre metri, grigio e
con le orecchie a punta" – Ipnotizzato dai medici, ripeté frasi
in una lingua sconosciuta
(Il Giornale, Pubblicato Venerdì 6 Luglio 1984)
Nella
tarda serata di mercoledì 6 dicembre 1978 la guardia giurata Pier Fortunato
Zanfretta era in servizio su una "126" nell'area di Torriglia, un
piccolo centro sulle alture dell'entroterra genovese. Faceva molto freddo e
la neve caduta durante la giornata si era ormai trasformata in una pericolosa
lastra di ghiaccio che invadeva buona parte dell'asfalto. Zanfretta procedeva
lentamente cercando, per quanto possibile, di evitare i punti dove la luce ne
denunciava la presenza. Del resto l'uomo era abituato sia al clima rigido dei
monti sia alle insidie della zona che negli ultimi due anni aveva imparato a
conoscere. Quella notte, però, sarebbe stata diversa, anche se fino a
quel momento egli non lo sospettava neppure.
Erano le 23.30 quando Zanfretta imboccò la deviazione che dalla statale
45 conduce a Marzano. Il metronotte percorse la stradina che porta al centro
del paese e da qui, continuando, si diresse verso la villa «Casa Nostra»
del medico dentista genovese Ettore Righi. La notte era buia e senza luna, ma
il cielo stellato rendeva meno tetro il brullo paesaggio dell'appennino ligure.
Dopo circa un centinaio di metri la guardia giurata si lasciò alle spalle
l'ultima casa e si ritrovò di nuovo solo in aperta campagna.
Era quasi arrivato quando, poco prima dell'ultima curva, il motore e i fari
della "126" si spensero. "Ma che succede?", mormorò
sorpreso. Fu proprio mentre metteva piede a terra che vide distintamente nel
giardino della villa quattro luci che si muovevano. Allora, dimenticando l'improvviso
guasto all'impianto elettrico che lo aveva fatto fermare, prese in mano il microfono
della radio per comunicare alla centrale operativa dell'istituto di vigilanza,
ciò che si accingeva a fare. "Canguro dalla 68, canguro dalla 68
— chiamò - mi porto dentro la villa: ci sono dei ladri". Ma
la centrale non rispose: anche la radio non funzionava.
Impugnò quindi la sua Smith & Wesson calibro 38 special e, con la
pila spenta nella sinistra, si avviò cautamente verso la villa. Il cancelletto
del giardino e la porta d'ingresso erano aperti. Zanfretta entrò, si
appiattì di schiena contro il muro perimetrale e pian piano si avvicinò
all'angolo. Voleva sorprendere i ladri, evidentemente. Ma grande fu invece il
suo stupore quando si sentì toccare le spalle. Rapido si voltò
con la pila accesa e la pistola spianata, pronto a far fuoco, se fosse stato
il caso. E del resto non sarebbe stata la prima volta. Ma il fascio di luce
non illuminava un ladro. Interrogato la mattina dopo dal brigadiere dei carabinieri
Antonio Nucchi, comandante della stazione di Torriglia, Zanfretta raccontò
tremando di aver visto "un essere enorme, alto circa tre metri, con la
pelle ondulata, come se fosse grasso o avvolto in una tuta molle, comunque grigia,
occhi gialli a triangolo, vene rosse sulla testa, orecchie a punta e mani con
dita dalle unghie rotonde".
Terrorizzato, lasciò cadere la pila. Poi la raccolse e fuggì a
gambe levate verso la "126". Sempre in preda al panico, afferrò
convulsamente il microfono. "La prima chiamata - ricorda Carlo Toccalino,
operatore di turno quella notte - l'ho ricevuta soltanto verso mezzanotte e
un quarto. Zanfretta urlava e diceva continuamente ‘Mamma mia, quant'è
brutto'. Io allora gli ho chiesto se lo stessero aggredendo e lui di rimando:
‘No, non sono uomini, non sono uomini…'. A questo punto la comunicazione
si è interrotta».
Mentre l'uomo urlava alla radio, improvvisamente una grande luce triangolare
si alzò da dietro la casa. Zanfretta poi la descriverà come un
disco luminosissimo più grande, in lunghezza, della stessa villa. La
luce lo abbagliò a tal punto che dovette ripararsi gli occhi con il braccio.
Sentì dunque un grande sibilo e, con un'accelerazione fantastica, il
velivolo si perse nel cielo.
Sul terreno dove il misterioso oggetto si sarebbe posato, i carabinieri scoprirono
poi una grossa impronta semicircolare che nel loro rapporto definirono come
"il segno lasciato da un elicottero o qualcosa di grosso che si è
posato sul prato adiacente alla casa".
Zanfretta, comunque, svenne. I suoi colleghi lo ritrovarono dopo oltre un'ora
accanto alla villa, in forte stato di choc. Mentre lo portavano via continuava
a dire: "Li ho visti, li ho visti".
E non fu il solo. Perché i carabinieri, durante la loro inchiesta, trovarono
altri 52 testimoni i quali confermarono che a quell'ora, e in quella zona, notarono
un grosso oggetto volante di forma piatta e triangolare, emanante un'intensa
luce variante dal bianco al rosso. Venerdì 8 dicembre il quotidiano Il
Secolo XIX usciva con un titolo a sei colonne: "Incontri ravvicinati a
Torriglia".
E fu così che il mondo venne a conoscenza della vicenda del "metronotte
che aveva visto gli UFO". Io allora ero cronista del quotidiano genovese
della sera Corriere Mercantile e ricordo molto bene il clima di curiosità
e di divertito scetticismo che la notizia provocò non soltanto tra il
pubblico, ma anche nelle redazioni dei giornali. Ovviamente non era facile prendere
sul serio la storia dell' "extraterrestre alto tre metri". Tuttavia,
se si fosse voluto realmente archiviare l'episodio, sarebbe stato il caso di
fornire una spiegazione logica ad almeno tre cose: lo stato di shock del metronotte,
la grossa impronta trovata accanto alla villa, le testimonianze di 52 persone.
Mi sembrava logico, infatti, prima di dare del matto ad un uomo e di definirlo
mitomane o peggio, "smontare" quei risultati che stavano emergendo
dall'inchiesta aperta dai carabinieri. Perché, dunque, non indagare su
Pier Fortunato Zanfretta e sulle circostanze di quella notte?
Con sorpresa mi accorsi che altri colleghi giornalisti si guardavano bene dal
farlo. Ebbi l'impressione che la mentalità corrente si potesse riassumere
in questa frase: "Dal momento che dice di aver visto un disco volante e
un mostruoso extraterrestre, deve essere per forza un pazzo". In quanto
ai carabinieri, probabilmente qualcuno pensava che stessero perdendo il loro
tempo.
Fu proprio questa diffusa convinzione che mi indusse ad occuparmi del caso Zanfretta.
Anche perché sembrava che tutti puntassero sull'aspetto ufologico della
questione trascurando il dramma umano del protagonista. Mi chiedevo: è
possibile che un metronotte conosciuto come persona onesta e corretta, padre
di due figli, si inventi di sana pianta una storia di questo genere, rischiando
il posto di lavoro, trovando poi 52 testimoni che convalidino casualmente il
suo racconto? Ed è poi possibile che lo stato di choc fosse simulato?
Volevo saperne di più.
I responsabili dell'istituto di vigilanza Val Bisagno si dissero subito disposti
a collaborare con me. Il direttore Gianfranco Tutti mi raccontò che il
suo socio, Luigi Cereda, aveva già provveduto a presentare denuncia contro
ignoti per ciò che era accaduto. Volevano che fosse fatta luce su tutta
quella storia, ma avevano anche paura delle conseguenze pubblicitarie negative
che nel frattempo avrebbero potuto avere.
Per prima cosa chiesi e ottenni di parlare con Zanfretta. Il metronotte mi parve
subito timido e impacciato. Mi accorsi che tutto il rumore che si stava facendo
su di lui lo disturbava parecchio. "Gente sconosciuta mi telefona a casa
a tutte le ore per prendermi in giro - si lamentava -. Io non lo so che cosa
fosse quello che ho visto, però l'ho visto. Non sono un bugiardo".
Dopo aver pubblicato il mio primo articolo su Zanfretta, fui contattato da diversi
ufologi. Tagliai corto con tutti, ma accettai un suggerimento: chiedere a Zanfretta
di sottoporsi ad ipnosi regressiva. L'ipnosi è infatti uno dei metodi
più usati per far rivivere passate esperienze, dissociando il lato cosciente
dell'individuo. Perché, dunque, non provare?
Zanfretta acconsentì subito, e la sera del 23 dicembre era già
sdraiato e ipnotizzato sul lettino di pelle del medico genovese Mauro Moretti.
Il risultato di quella seduta, registrata su nastro, fu sconcertante. Ad un
certo punto Zanfretta cominciò ad ansimare: riviveva il momento in cui
entrò nel giardino della villa.
Zanfretta: "Chi c'è? Che succede?
Mamma…".
Moretti: "Cosa c'è? Mi racconti.
Io sono qui con lei e non può accaderle nulla. Mi racconti cosa vede".
Zanfretta:
"Madonna… Perché dovrei venire con voi? Cosa volete farmi?
Cosa sono tutte quelle luci? Non voglio. Voi non siete esseri umani, via! Cosa
mi mettete sulla testa? Via! Non voglio… Lasciatemi stare…".
Appare chiaro che il metronotte sta parlando di particolari che gli sono ignoti
allo stato cosciente. Sta dicendo in sostanza di essere stato prelevato e portato
in un luogo luminoso e caldo dove lo hanno interrogato e esaminato.
Zanfretta: "Non voglio che tornate. Non
posso dirlo? Si…farò come voi volete…
Datemi una prova… Non mi crederanno… Quante luci… Via! Via! Via quel coso
dalla testa. Aspetterò che tornate… Che caldo. Via quel coso dalla
testa… Via! Siete dei mostri… Voglio andare a casa. La mia pila…".
Zanfretta, dunque, raccontava di essere stato rapito. Pur sentendo la mia curiosità
parzialmente appagata, non volli scrivere alcun articolo su quella seduta d'ipnosi.
Le rivelazioni involontarie del metronotte mi sembravano troppo irreali per
essere prese in considerazione. Stavo ancora pensando a quella sera, quando
Zanfretta sparì di nuovo. Era la notte tra il 27 e il 28 dicembre.
"Sono avvolto da una fitta nebbia e non vedo più nulla -
urlò il metronotte per radio -la macchina sta andando da sola e acquista
velocità. Non so cosa fare". Erano le 23.46. Quattro minuti
dopo Zanfretta chiamò di nuovo. Questa volta la sua voce era calma, quasi
ubbidiente. "La macchina si è fermata - disse -, vedo
una gran luce. Ora esco".
Le ricerche furono ostacolate dalla nebbia e dalla pioggia che in quel momento
gravavano sulla zona. La "127" su cui viaggiava Zanfretta fu comunque
ritrovata dopo oltre un'ora su uno spiazzo della strada di montagna che
porta all'abitato di Rossi. Il primo a vedere Zanfretta fu il brigadiere
Travenzoli. Tremava e piangeva. "Dicono che mi vogliono portare via
- diceva -. Che ne sarà dei miei bambini? Non voglio, non voglio…".
Stranamente, nonostante la pioggia e il freddo, il metronotte aveva il viso
e gli abiti asciutti. "Dal naso in su - spiegò Travenzoli - era
caldissimo. Le orecchie erano rosso fuoco".
Inoltre,
il tetto della «127» su cui viaggiava Zanfretta, scottava come se
fosse stato sottoposto ad un forte calore. Accanto all'auto, chiarissime,
alcune orme gigantesche, a suola concava, lunghe oltre 50 centimetri.
Tutti questi elementi fecero poi parte del "Rapporto informativo circa
l'avvistamento di oggetti volanti non identificati (Ovni) ed umanoidi
da parte di Zanfretta Fortunato" che il brigadiere Nucchi il 3 gennaio
1979 inviò alla Pretura unificata di Genova perché venissero presi
provvedimenti. Il rapporto finì sul tavolo del sostituto procuratore
della Repubblica Luciano Di Noto, che lo passò, per competenza, al giudice
istruttore Gian Rodolfo Sciaccaluga. Da qui esso raggiunse il giudice Russo
che l'11 gennaio 1980, un anno dopo, lo fece archiviare con il numero
di registro 203 per "mancanza di estremi di reato".
Del resto lo stesso comando dei carabinieri aveva già provveduto ad informare
il ministero dell'Interno e gli alti comandi militari con due telex spediti
rispettiva- mente 1'8 dicembre e il 28 dicembre 1978. Nei messaggi il
grado di attendibilità degli eventi descritti veniva definito "buono".
Dopo il secondo "incontro ravvicinato" qualcuno cominciava a pensare
che, nonostante gli interrogativi emergenti dalle avventure notturne (orme gigantesche,
lamiera dell'auto calda, eccetera), fosse il caso di accertare se Zanfretta
fosse in condizioni di mente "normali" oppure no. è per questo
che l'istituto di vigilanza lo mandò ripetutamente dal professor
Giorgio Gianniotti, libero docente in neurologia, specialista in malattie nervose
e mentali, vice-primario neurologo presso l'ospedale genovese di S. Martino.
Il 31 gennaio 1979 il professor Gianniotti rilasciò il seguente certificato:
"Su richiesta della direzione dell'istituto di vigilanza da cui
dipende, ho visitato in data 28 e 30 dicembre 1978 il signor Zanfretta Fortunato,
anni 26, di professione vigile giurato, che mi viene rinviato in data odierna
per essere sottoposto nuovamente a visita neuropsichiatrica. Come nelle due
precedenti visite, ho trovato il signor Zanfretta in perfette condizioni psichiche
e neurologiche. Il paziente non presenta alterazioni del pensiero né
disturbi psicosensoriali, e normale è la sua capacità volitiva
e logico–critica".
Il certificato redatto dal professor Giannotti così concludeva: "Ritengo
pertanto lo Zanfretta idoneo al suo lavoro in modo incondizionato, e non abbisognevole
di periodo di osservazione né tanto meno di consigli terapeutici".
L'opinione del professor Gianniotti ebbe molta eco sia tra il pubblico
sia tra le forze dell'ordine.
Intanto
il "caso" usciva dai confini genovesi. Enzo Tortora, allora conduttore
di "Portobello", volle Zanfretta in trasmissione. Se lo portò
anche due volte ad "Antenna Tre" scomodando per lui un personaggio
come Cesare Musatti, l'ottuagenario padre della psicanalisi italiana.
Musatti, dopo aver assistito ad una ipnosi in diretta davanti alle telecamere,
disse che, per lui Zanfretta era in buona fede anche se era difficile distinguere
la realtà oggettiva da quella soggettiva. Contemporaneamente, anche la
stampa straniera si interessava al metronotte: il settimanale popolare statunitense
a più vasta tiratura (5 milioni di copie) "National Enquirer"
gli dedicò tre articoli e una copertina.
è in questo clima che la sera del 30 luglio 1979 il metronotte rimase
vittima di una terza "abduction". Questa volta era di servizio su
uno scooter nella zona di Quarto, a Genova. Sui monti, visti i precedenti, ormai
non lo mandavano più. Tuttavia sparì di nuovo e lo ritrovarono,
dopo oltre due ore, sulla cima del monte Fasce, alle spalle di Genova. Dal momento
che l'unica via di accesso al monte era pattugliata, e di lì Zanfretta
non era passato, ci si chiedeva come avesse fatto ad arrivare fin lassù.
La risposta venne cercata nell'ipnosi.
Questa volta venne condotto presso il Centro internazionale di ipnosi medica
e psicologica di Milano dove il professor Marco Marchesan, su richiesta dello
stesso Zanfretta, lo sottopose al Pentotal, e cioè il siero della verità,
in risposta ad alcune polemiche nate sull'uso dell'ipnosi. Zanfretta
non solo confermò tutto ciò che aveva detto, ma disse anche che
l' ultima volta era stato "sollevato" da una luce verde che
lo aveva trasportato sull' "astronave degli alieni".
Ma le sue avventure non erano ancora finite. Alle 22.30 del 2 dicembre 1979
scomparve nuovamente mentre si trovava a bordo di una "Mini" alla
periferia di Genova. In quell'occasione altre quattro guardie giurate
videro distintamente l'UFO. Infatti, da una nuvola ferma in cielo, si
accesero improvvisamente due fari che illuminarono i metronotte alla ricerca
del loro collega. L'episodio avvenne sui monti vicino a Torriglia. Il
tenente Giovanni Cassiba, caposervizio dei metronotte, scaricò il caricatore
della sua pistola contro i fari.
Nella successiva ipnosi Zanfretta raccontò ancora una volta di essere
stato rapito e trasportato a bordo del "disco volante" con tutta
l'auto. Qui,
parlando con i suoi misteriosi interlocutori, ad un certo punto disse: "…Dove
siete andati? E a far che cosa sopra la Spagna? Perché? Ma tutti assieme?
Belin, ma spaventate la gente!".
L'indomani mattina, martedì 4 dicembre 1979, il servizio internazionale
dell'Ansa trasmise a tutte le redazioni dei giornali italiani il seguente
flash:
"Guadalajara (Spagna) - Un veterinario spagnolo ha affermato di essere
stato seguito da un oggetto volante non identificato (UFO) mentre si trovava
al volante della sua automobile su una strada vicina a Guadalajara, ad una cinquantina
di chilometri da Madrid. Secondo la sua testimonianza Alfredo Sanchez Cuosta
ha avvistato, nella notte tra sabato e domenica scorsi, un UFO che ha seguito
la sua vettura, quindi l'ha superata per porsi una quindicina di metri
al di sopra di essa. Accecato dal forte bagliore giallo, proveniente dall'apparecchio,
Sanchez ha perduto ad un certo punto il controllo del veicolo che è uscito
di strada. Secondo il veterinario, l'UFO si allontanava dal percorso seguito
dall'automobile quando questa attraversava i villaggi". Conferma
o coincidenza? Il dubbio rimane.
Zanfretta scompare un'altra volta il 14 febbraio 1980. Questa volta, però,
la sua auto era sotto controllo e lo ritrovarono quasi subito. Quella notte
volli partecipare anch'io alle ricerche, e così fui presente quando
lo ritrovarono, ormai mezzo assiderato, sul ciglio di un burrone in stato di
choc. Ci furono testimoni. Un contadino che abita nei pressi raccontò
di aver visto una grossa massa luminosa "simile ad un pallone di rugby".
L'ipnosi riservò altre novità. Infatti, tra la meraviglia
dei presenti, ad un certo punto il metronotte, in ipnosi profonda, cominciò
a par lare una lingua sconosciuta:
"Ei chi snaua. . . si naila. . . isne ghe… il se lai… go che ti
snau exi che… sci nis che ixi kai snode. . . chisnauag the. . . aiex piscinau
kep na… tei sdei…".
L'ultima scomparsa "ufficiale" di Zanfretta risale al 13 agosto
1980. Ma anche questa volta era talmente guardato a vista che non riuscì
ad "incontrare" i suoi interlocutori. Interrogato in continuazione
dal dottor Moretti, Zanfretta rispose in questo modo: "Domanda con risposta
negativa, tixel". Ed inutile si rivelò ogni sforzo di andare oltre:
la guardia giurata era ormai assolutamente fuori da ogni controllo ipnotico.
In seguito alle sue avventure notturne, il questore di Genova sospese senza
ufficiale motivazione il porto d' armi a Zanfretta. Glielo dovrà
rendere quando Zanfretta si rivolgerà ad un avvocato. Ma ormai il metronotte
è stanco. Con i capelli ingrigiti nel giro di pochi mesi, il 10 dicembre
1982 Fortunato Zanfretta lascia l'istituto di
vigilanza per il lavoro più tranquillo di magazziniere.
Però dopo qualche tempo avverte la nostalgia per il suo vecchio mestiere,
e il 1° dicembre 1983 indossa nuovamente la divisa dei metronotte nello stesso
istituto. Ma di UFO non vuole più parlare, né sentir parlare.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
(Le foto sul caso Zanfretta sono state scattate dal fotoreporter Luciano Zeggio)
Sito Web del Centro di Ipnosi Medica e Medicina Psicosomatica di Genova
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