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Dalla fabbrica genovese, fondata nel 1853, uscì anche
l'aereo con cui D’Annunzio compì lo storico volo su Vienna
(Il Giornale, Pubblicato Giovedì 28 Gennaio 1993)
da Genova
Nel
piazzale della villa cinquecentesca Cattaneo "dell'Olmo" dove l'Ansaldo
conserva i cimeli del suo archivio storico, da qualche settimana è parcheggiato
un bipiano della prima guerra mondiale. Si tratta di un Sva dei 1918, un aereo
realizzato interamente in compensato e tela, in aggiunta a un paio di longheroni
d'alluminio, che divenne uno dei più celebri velivoli dell'epoca. Una spinta
in questo senso la diede Gabriele D'Annunzio, quando, ricavando un abitacolo
nella fusoliera, il 9 agosto 1918 si fece pilotare dal capitano Natale Palli
fin sul cielo di Vienna per scaricare sulla città alcune migliaia di volantini.
A compiere lo storico raid furono gli Sva della sqadriglia di ricognizione "La
Serenissima". Due anni dopo, esattamente il 14 febbraio 1920, altri undici
biplani si sollevarono da una pista battuta nei pressi di Roma per coprire i
18 mila chilometri di percorso aereo che separano l'Europa dal Giappone. Il
30 maggio 1920, dopo 29 giorni di peripezie acrobatiche nei cieli asiatici,
due Sva comandati dai tenenti Arturo Ferrarin e Guido Masiero, coadiuvati dai
motoristi Gino Cappannini e Roberto Maretto, atterravano nelle vicinanze di
Tokio. In loro onore, e in omaggio alla tecnologia italiana che fin lì li aveva
portati, il Giappone dichiarò 42 giorni di festeggia menti.
Le prime due lettere della sigla Sva, spiega il dottor Alessandro Lombardo,
curatore dell'archivio storico della società genovese, derivano dalle iniziali
degli ufficiali
Umberto Savoia e Rodolfo Verduzio, e cioè da coloro che lo progettarono. La
«a» finale, invece, si deve agli operai dello stabilimento aeronautico di Genova
Borzoli dove l'Ansaldo costruì oltre duemila esemplari dello Sva. Gli operai,
fieri del loro lavoro, si impuntarono e chiesero ufficialmente l'apposizione
di quella lettera. Li accontentarono. Quel biplano tirato a lucido da pennellate
di colla è, oggi, il simbolo dei 140 anni dell'Ansaldo. Quasi un secolo e mezzo
di storia, di traversie belliche e di drammatici avvenimenti sociali che cambiarono
per sempre la fisionomia di una nazione a economia prevalentemente agricola
trasformandola, bene o male, in una delle potenze industriali del mondo moderno.
La Gio. Ansaldo & C. venne registrata al tribunale di Genova nel gennaio
del 1853. L'azienda esisteva già dal 1846 quando venne fondata da Filippo Taylor,
ingegnere meccanico inglese, e Fortunato Prandi, uomo d'affari torinese. è
nel 1852 che lo Stato ne assume la proprietà a titolo di rimborso per un prestito
di 810 mila lire. Nel settembre dello stesso anno lo stabilimento viene ceduto
ad una società in accomandita composta da Giovanni Ansaldo, Carlo Bombrini,
Giacomo Filippo Penco e Raffaele Rubattino.
Ansaldo, laureato in ingegneria e architettura, insegnante
di meccanica nella scuola tecnica serale della Camera di commercio di Genova,
figura come gerente dell'accomandita e conferisce il nome alla società. Rubattino,
mazziniano convinto, è l'armatore che procurò la nave a Carlo Pisacane per la
sfortunata spedizione a Crotone del 1857, ma anche i due vapori "Lombardo"
e "Piemonte" a Garibaldi per la spedizione dei Mille nel 1860. Bombrini
è il direttore della Banca nazionale del Regno d'Italia, nata nel 1849 dalla
fusione tra la Banca di Torino e la Banca di Genova. Penco, infine, è un imprenditore
genovese con interessi nell'agricoltura e nell'edilizia.
Il prezzo della cessione è stabilito in 810 mila lire, delle quali 60 mila da
pagarsi in due anni con un interesse del 5 per cento, 750 mila tramite la deduzione
del 10 per cento sul prezzo delle commesse eseguite entro il 1860. La Gio. Ansaldo
& C. nasce invece con un capitale versato di 320 mila lire: 120 mila da
Penco, 80 mila ciascuno da Bombrini e Rubattino, 40 mìla da Ansaldo.
La produzione delle navi, cosa per cui l'Ansaldo diventerà famosa nel mondo,
inizia nel 1860 con la realizzazione di due piccole cannoniere per la flottiglia
del Garda. La produzione, però, resta variegata. Nel trentennio 1852-1882 raggiunge
i 45-50 milioni di fatturato, dei quali 14 solo per materiale ferroviario.
L'ingresso di Ferdinando Maria Perrone avviene nel 1902, quando l'Ansaldo ha
già fama di grande costruttore navale. Perrone è un personaggio. Nato ad Alessandria
nel 1847, ha combattuto con Garibaldi nel 1866 e in Francia, contro i prussiani,
nel 1870. Emigrato in Argentina, diventa un ricco possidente speculando sull'edilizia.
All'Ansaldo approda dopo aver sposato la sorella dell'ingegner Omati, direttore
dello stabilimento meccanico. Da Raffaele Bombrini, uno dei soci dell'accomandita
Ansaldo, Perrone acquista una quota pari a un diciottesimo della società pagandola
600 mila lire.
E con Perrone che l'Ansaldo diventa una grande impresa impegnata nel settore
militare. Dal 1903 al 1914 aumentano il numero e la produzione degli
stabilimenti Ansaldo che, tra l'altro, si specializzano anche nel campo dell'artiglieria
leggera e pesante. Nel 1917, in piena guerra mondiale, l'Ansaldo apre il cantiere
aeronautico di Genova Borzoli e l'officina dì montaggio, con campo di collaudo,
di Genova Bolzaneto.
Il crollo dei Perrone avvie ne nel 1921. Entrata nell'orbita del Credito Italiano,
nel 1924 l'Ansaldo diviene socio di minoranza dell'Officina allestimento e riparazione
navi (Oarn). Nel 1932 la massa debitoria dell'Ansaldo raggiunge i 200 milioni.
Un anno dopo, l'azienda entra in un nuovo ente pubblico appena formato: l'Istituto
per la ricostruzione industriale (Iri). E l'inizio di un nuovo grande periodo
che arriva fino ai giorni nostri. Con 12 mila addetti, l'Ansaldo diventa la
punta di diamante del riarmamento italiano sotto le insegne del fascismo. Nel
biennio 1938-39 riceve commesse per 800 milioni di lire dall'esercito e per
400 milioni dalla marina. A guerra finita, la ricostruzione dell'Ansaldo passa
attraverso la crisi economica che investe la nuova Repubblica italiana. Bisogna
riconvertire il militare in civile e, soprattutto, trovare uno spazio sul mercato
internazionale. Per l'Ansaldo il nuovo ciclo inizia nel marzo del 1948 quando
nasce la Società finanziaria meccanica (Finmeccanica) che raggruppa gli 86 mila
addetti delle imprese di settore Iri. Già nel 1950 l'Ansaldo riceve l'ordinazione
di sette navi per un totale di 73 mila tonnellate di stazza lorda. Il resto
è storia dei nostri giorni.
Oggi l'Ansaldo è una «corporate» con circa 20 mila addetti, dei quali 5 mila
all'estero, operanti nei campi dell'energia, dei trasporti e dell'industria.
L'Ansaldo viene quindi definito un Gruppo elettromeccanico integrato presente
nei principali business elettromeccanici: energia, veicoli, segnalamento, sistemi
di trasporto, automazione su drives, trasmissione e distribuzione, cogenerazione/waste
to energy. E, insomma, il più forte gruppo italiano ad alta tecnologia in ambito
Finmeccanica. Chissà se il professor Giovanni Ansaldo avrebbe mai immaginato
un simile sviluppo.
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