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Centinaia di persone partecipano alla funzione religiosa che
Don Giuseppe Capra,
sacerdote esorcista di Torino, celebra ogni primo venerdì del mese nella
chiesetta
di Santa Maria in Fontibus, nel centro storico della città rivierasca.
E tutti chiedono la grazia di una guarigione miracolosa
(Il Giornale, Pubblicato Venerdì 7 Marzo 1999)
ALBENGA
Dal nostro inviato
Rino Di Stefano
Venerdì
sera, come ogni primo venerdì del mese, la signora Nella si è recata in chiesa
intorno alle 19. La funzione celebrata da Don Giuseppe Capra, il sacerdote esorcista
che viene apposta da Torino per portare una parola di conforto ai fedeli liguri,
iniziava alle 21,30. Ma la signora Nella sapeva bene che, se voleva entrare
in chiesa, doveva essere lì al meno due ore prima. Troppa gente ultimamente
arriva da ogni parte d'Italia soltanto per partecipare a quella specialissima
Messa e così alle 19,30 non c'è già più neanche un posto a sedere. La signora
Nella non voleva correre quel rischio, per cui allungando il passo per quello
che gli consentivano i suoi settant'anni e rotti, ha imboccato il carruggio
che porta nella città vecchia dirigendosi verso la chiesetta di Santa Maria
in Fontibus, quella che ormai è conosciuta da tutti come la "chiesa dei
miracoli".
L'appuntamento della signora Nella in sè non avrebbe nulla di particolare se
non fosse per il fatto che fino a due mesi fa questa affabile anziana di Albenga
non era in grado di camminare senza due stampelle a treppiede. Poi un giorno
ha partecipato alla Messa
di Don Giuseppe e, senza neanche capacitarsi di quanto le stava accadendo, ha
buttato via le grucce e ha cominciato a camminare come faceva tanti anni prima.
La grave forma artritica che le aveva indebolito le gambe era scomparsa, come
per incanto. E adesso la signora Nella non si perde più una Messa del sacerdote
esorcista.
Anche venerdì, dunque, la folla dei sofferenti ha preso d'assalto la piccola
chiesa dove riposano i resti del vescovo dell'Albenga medievale, cioè quel San
Benedetto che, secondo la leggenda, era noto proprio per le sue qualità taumaturgiche.
"Io cerco di confortare tutti, ma se guarigioni avvengono queste si devono
soltanto al Signore", specifica Don Giuseppe durante un attimo di tranquillità
in sacrestia. Alto, magro, capelli grigi che gli cadono fluenti sul collo, il
sacerdote non dimostra i suoi 67 anni e parla con leggero distacco del rumore
che continuano a fare le sue Messe, non solo in Liguria. E non si lascia suggestionare
dai fedeli che anche adesso, mentre si prepara a indossare i paramenti sacri,
continuano a giungere numerosi in chiesa. La sua, precisa, è una guerra contro
il maligno.
Per
quanto riguarda i presunti miracoli, Don Giuseppe preferisce non commentare.
Per lui parla un suo collaboratore, un medico che fa parte del gruppo di preghiera
che organizza queste Messe mensili. Con la promessa dell'anonimato, questo medico
racconta che fino a qualche tempo fa egli si considerava un ateo convinto. Dopo,
anche per le pressioni della moglie, si è avvicinato alla fede e, esaminando
i casi di conclamate guarigioni che saltavano fuori dopo le funzioni religiose
celebrate da Don Giuseppe, si è convinto che quanto stava accadendo non rientrava
dentro i dettami della scienza medica che gli era stata insegnata. E non si
tratta solo della signora Nella: si parla di un linfoma maligno scomparso, di
un sieropositivo che ha visto sparire il virus Hiv dalla sua cartella clinica,
di gravi disturbi psichici misteriosamente rientrati, e tanto altro ancora.
Mentre Don Giuseppe si prepara, la chiesa si riempe completamente. Le sedie,
spiega Roberto, del servizio d'ordine, non sono bastate per tutti. E infatti
molte delle centinaia di persone che si accalcano nella sala, stanno in piedi.
Molti si sono portati un seggiolino apribile da casa e tutti comunque stanno
con gli occhi puntati sulla sacrestia in attesa che il sacerdote prenda il suo
posto sull'altare.
I
giovani della cantoria sono subito dietro e cominciano a intonare le prime canzoni
per riscaldare l'ambiente. Tra il pubblico c'è anche un ospite illustre: Don
Domenico Damonte, 77 anni, il vicario generale della Diocesi di Albenga-Imperia,
inviato personalmente dal vescovo Mario Oliveri. Un diacono, invece, aiuta Don
Giuseppe nella funzione. Il lampo di un flash denuncia la presenza di un fotografo
che si aggira tra i pochi spazi vuoti in cerca di buone inquadrature.
Che Don Giuseppe non sia un officiante qualsiasi lo si capisce subito. Ai suoi
fedeli chiede di rinunciare al male, pretende una risposta e la sua voce si
fa sempre più iniperiosa quando invoca la protezione del Signore contro le lusinghe
del Maligno. La gente è elettrizzata, pende dalle sue labbra. Chiede di formare
una catena per rendere più forte la preghiera contro il male e ognuno cerca
le mani del vicino intonando un Padre Nostro. Molte donne
scoppiano a piangere. Qualcuno si inginocchia e china il capo per nascondere
le lacrime. In cantoria un uomo sui trent'anni, presunto indemoniato, attacca
a tossire di una tosse profonda e incontenibile. Un'anziana gli porge un bicchier
d'acqua e lui lo prende. Poi reclina la testa all'indietro e resta così, fermo,
a occhi chiusi, aspettando che la crisi finisca.
Don Giuseppe incalza, se la prende anche con Sartre che ai suoi tempi aveva
firmato un manifesto pro-pedofilia su "Le Monde" e aveva invocato
la fine della famiglia per "essere più liberi". E intanto si fanno
le 23. Quando il sacerdote invita a scambiarsi un segno di pace tutti si abbracciano
e si baciano. Estranei e non, condividono quell'invito verso un'umanità più
spirituale. E anche quando viene il momento dell'Eucarestia ci si rende conto
che Don Giuseppe da solo non può distribuire tutte le ostie. Un frate, saltato
fuori da qualche parte, gli dà una mano. Alla fine, sono ormai le 23,30, viene
impartita la benedizione fina le. Ma non è finita. In centinaia si alzano dal
loro posto e accerchiano Don Giuseppe: qualcuno gli vuol parlare, altri prendono
le sue mani e se le pongono sul capo invocando una benedizione, altri ancora
gli chiedono misericordia per le loro pene.
Nel cesto che raccoglie le richieste dei questuanti si scoprono biglietti drammatici
insieme a banali invocazioni d aiuto: c'è la madre condannata da un male incurabile
che vorrebbe vivere leggermente di più perché ha figli ancora piccoli, ma anche
chi chiede che la busta paga del marito diventi un po' più pesante per il benessere
della famiglia. Forse qualcuno verrà accontentato.
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(Foto: © 1999 Alessandro Maccarini)
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