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La Procura di Roma chiude la sua inchiesta con un’improbabile scoperta in Venezuela
(RinoDiStefano.com, Pubblicato Sabato 7 Febbraio 2015)
Il mistero di Ettore Majorana non è stato affatto risolto con l’archiviazione dell’inchiesta promossa dalla Procura di Roma. A voler riaprire le indagini sulla scomparsa dello scienziato scomparso nel nulla il 27 marzo del 1938, era stato il procuratore aggiunto Pierfilippo Laviani, che nell’aprile del 2011 aveva affidato l’inchiesta al colonnello Lorenzo Sabatino del Nucleo Investigativo Carabinieri della capitale. A sua volta il colonnello Sabatino aveva incaricato la Sezione Omicidi diretta dal colonnello Bruno Bellini, lo stesso ufficiale che aveva risolto il caso della contessa Alberica Filo della Torre, trovando il colpevole a distanza di vent’anni dai fatti. Agli ordini del colonnello Bellini ci sono sei marescialli, dai 30 ai 50 anni, che costituiscono quanto di meglio ci sia in Italia a livello investigativo. Gli stessi che in questi anni hanno passato al setaccio la vita dello scienziato siciliano scomparso, cercando un qualunque appiglio per ricostruire i suoi movimenti al tempo della scomparsa. Ma non è stato facile dopo oltre 73 anni da quel giorno.
Ebbene, dopo quattro anni di indagini, i carabinieri sono giunti alla conclusione che Majorana negli anni Cinquanta potrebbe aver vissuto prima in Argentina e poi in Venezuela facendosi passare per un certo Bini, di cui non si conosce nemmeno il nome di battesimo. Di questo tizio si ha una fotografia e si sa che nella sua auto sarebbe stata trovata una cartolina che nel 1920 Quirino Majorana, zio di Ettore e anch’egli fisico di fama mondiale, avrebbe spedito all’americano W.G. Conklin. Dal momento che la foto di quel tale Bini avrebbe una certa somiglianza con il padre di Majorana (ma non con lui), e che un certo Francesco Fasani, meccanico italiano emigrato in Venezuela, avrebbe confermato che Bini e Majorana sarebbero la stessa persona (pur non essendo in grado di provarlo), gli investigatori sono giunti alla logica conclusione che lo scienziato siciliano potrebbe essere davvero fuggito in Sud America.
A prescindere dal fatto che non esistono prove certe di questa fuga (persino il professor Erasmo Recami, il maggior biografo di Majorana, non nasconde i suoi dubbi), ancora una volta stiamo assistendo ad un tentativo, per quanto lodevole, di dare una spiegazione ragionevole ad uno dei casi più clamorosi del secolo scorso. Di fatto, però, quello che prima era un enigma irrisolto, resta esattamente lo stesso anche dopo. Abbiamo una testimonianza, il ricordo di una cartolina della quale non sappiamo attraverso quante e quali mani sia passata, la foto di un uomo anziano con una vaga somiglianza con il padre di Ettore Majorana. Basta tutto questo per poter affermare, senza ombra di dubbio, che lo scienziato scomparso sia stato davvero in Argentina e Venezuela? La risposta, pur con tutta la buona volontà possibile, non può essere che negativa. Possiamo ipotizzare che sia così, nessuno ce lo proibisce, ma non si può andare oltre. Tanto più che si sa per certo che il passaporto di Majorana, che scadeva nell’agosto del 1938 (circa quattro mesi dopo la sua scomparsa), non venne mai rinnovato. Dunque, in sostanza, di fatto non abbiamo alcuna certezza che le cose siano andate proprio in quel modo. Per dirla tutta, brancoliamo nel buio così come facevamo prima di quest’ultima indagine. Il problema è: se non ci sono riusciti i migliori esperti investigativi dell’Arma a risolvere questo caso, chi altri potrà mai farlo? E’ molto probabile che il punto della situazione stia nel fatto che nessuno voglia prendere in considerazione (almeno ufficialmente) le parole di Rolando Pelizza, cioè dell’uomo che sostiene da anni di essere stato fin dal 1958 l’allievo prediletto di frate Ettore Majorana in un convento di clausura del Sud Italia. Una domanda sorge spontanea: perché gli investigatori non hanno mai bussato alla porta di questo anziano signore, oggi 77enne, che si ostina ad affermare di aver frequentato per anni frate Ettore? Una pista vale l’altra, perché non verificare anche questa?
Forse la risposta sta nel fatto che Rolando Pelizza, per quanto non abbia mai subito una condanna penale, nel passato ha avuto spesso a che fare con la giustizia. Per tre volte è stato colpito da mandati di cattura internazionali, poi regolarmente rientrati. E il suo coinvolgimento con esponenti politici di primo piano (Giulio Andreotti, Flaminio Piccoli, Loris Fortuna, Mino Martinazzoli, tanto per citarne alcuni) lo ha reso un personaggio piuttosto conosciuto alle cronache degli anni Ottanta-Novanta. E quindi non troppo affidabile. Che dire, poi, dell’interesse dei Servizi Segreti verso di lui. A parte il fatto che era socio di un tenente colonnello del SID (Servizio Informazioni Difesa) iscritto alla P2 (Massimo Pugliese), risulta che la CIA si sia occupata piuttosto intensamente della sua persona, e altrettanto avrebbe fatto il Vaticano con cardinali di altissimo livello. Ebbene, se un simile individuo se ne esce sostenendo di essere stato l’allievo segreto e prediletto di Ettore Majorana, per sua scelta nascosto in un convento di clausura, perché non verificare la bontà di questa versione dei fatti? Se si tratta di una bufala, si fa presto ad accertarlo. Invece, pare che nessuno si voglia prendere la briga di ascoltare ciò che Rolando Pelizza ha da dire. Eppure, risulta con assoluta certezza che qualche anno fa (si conosce la data precisa) Pelizza abbia inviato un suo rappresentante a Palazzo Chigi con una richiesta: offrire gratuitamente al Governo italiano l’usufrutto della macchina che gestisce (cioè il dispositivo in grado di produrre energia a costo zero), in cambio della sicurezza per se stesso e la sua famiglia. L’allora Presidente del Consiglio, avendo saputo che di quel caso si stavano occupando anche gli americani (ed essendo stato informato circa i trascorsi di Pelizza), rifiutò l’offerta e non volle nemmeno riceverlo.
E’ ovvio che tutto questo non avrà consistenza fino a quando non vi saranno posizioni ufficiali che ne verificheranno l’attendibilità. Ma se neppure si prende in considerazione questa possibilità, a che cosa serviranno queste “indiscrezioni”? Purtroppo, a livello mediatico, coloro che detengono il potere ci hanno abituato alle omissioni e alla disinformazione. Se una notizia non viene pubblicata con il dovuto rilievo, quella notizia non esiste. A prescindere dalla sua concretezza. Così si fa finta che un certo Rolando Pelizza non ci sia, con tutto ciò che ne consegue.
Del resto, c’è il fondato sospetto che certi segreti sia meglio lasciarli stare. Così a nessuno viene in mente che forse sarebbe utile fare un salto sulla Sila, in un convento di clausura visitato abbastanza spesso da almeno due Papi. Anche perché, e questo va spiegato, le forze armate italiane non possono entrare in un convento religioso. I Patti Lateranensi, che regolano i rapporti tra il governo italiano e il Vaticano, vietano questo tipo di intromissioni. Tanto è vero che anche la polizia di Mussolini si dovette fermare davanti alle porte chiuse delle abbazie.
Poniamoci una domanda abbastanza elementare: perché Ettore Majorana, ordinario di Fisica teorica all’Università di Napoli, un bel giorno decide di scomparire per sempre? Di lui Enrico Fermi aveva detto che era un genio paragonabile a Newton e Galilei. E se, per pura ipotesi, il giovane scienziato avesse scoperto le leggi che regolano il mistero della materia? E cioè la strada che avrebbe reso persino l’energia atomica qualcosa di dannoso ed evitabile, visto che si poteva ottenere energia pura in un modo molto più naturale? Non sto parlando di fantasie a ruota libera. Nel 2009 il professor Joao Magueijo, docente di Teoria della relatività generale presso l’Imperial College di Londra, aveva esposto questa tesi nel suo libro “La particella mancante – Vita e mistero di Ettore Majorana, genio della fisica”. Ma, come spesso succede, anche la sua è stata una voce nel deserto.
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