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DAL NOSTRO LETTORE SPECIALE
(Il Giornale, Pubblicato Martedì 3 Giugno 2008)
Adesso
basta! È ora di smetterla di definire Cristoforo Colombo un pirata, un avventuriero
senza scrupoli, uno schiavista e un sanguinario. Senza parlare poi di tutti
quei presunti “scoop” che di volta in volta attribuiscono al Grande
Navigatore identità diverse dalla sua e, soprattutto, pensieri e azioni
che non lo riguardavano minimamente. Colombo non fu certamente un santo, ma
da qui ad attribuirgli colpe inenarrabili e responsabilità che non gli
competevano affatto, ce ne corre. Restituiamo dunque alla Storia la figura reale
dell'uomo che ha scoperto l'America traghettando l'Europa e il mondo allora
conosciuto dal Medio Evo al Rinascimento, dall'età oscura all'era moderna.
È con questo manifesto a difesa del Genovese più famoso del mondo,
che Dario G. Martini (giornalista, scrittore e drammaturgo che nel marzo del
2007 ha ricevuto il premio internazionale “Cristoforo Colombo e il mare”
per essere stato l'autore dei migliori testi apparsi nel mondo sulla vita
e le imprese dello Scopritore), ha recentemente pubblicato con la SES di Genova
il libro “Un insetto che sferza il vento”, presentato giovedì
15 maggio a Palazzo Tursi.
La definizione è dello stesso Colombo che alla fine della sua vita, ormai
anziano e debilitato dall'artrosi, si definì proprio “un
insetto che sferza il vento”, intendendo quel vento della calunnia e della
maldicenza che non smise mai di colpirlo durante il suo soggiorno terreno. Forse,
come disse Schopenahauer e come riprende Martini, “più uno appartiene
alla posterità e più è straniero ai suoi contemporanei”.
E così dovette sentirsi certamente Colombo che dagli spagnoli del suo
tempo veniva chiamato “l'ammiraglio delle zanzare”, a causa
dei terribili insetti che popolavano le terre da lui appena scoperte, mentre
dai genovesi era del tutto ignorato in quanto, non facendo parte dell'aristocrazia
della Superba, nessuno lo conosceva in patria.
In questi anni, spiega Martini nel suo libro, abbiamo assistito ad una specie
di “tiro al Colombo” in quanto una certa storiografia di sinistra,
sostenuta da scrittori latino-americani del calibro di Gabriel Garcia Màrquez
e Pablo Neruda, ha dipinto la figura del Grande Navigatore come una specie di
simbolo del capitalismo imperialista. In altre parole, Colombo come emissario
dei Reali di Spagna che cercavano soltanto oro e potere a spese dei poveri indigeni
nativi. Si è arrivati persino ad affermare che Colombo fosse stato un
intenzionale divulgatore della sifilide, e cioè della malattia venerea
più diffusa del suo tempo.
Un esempio di questa mentalità lo fornisce la docente spagnola Consuelo
Varala che nel maggio 2006 è venuta proprio a Genova per presentare il
suo libro “La caduta di Colombo” nel quale racconta di un Cristoforo
Colombo “despota sanguinario che, da governatore di Santo Domingo, sottopose
gli indigeni a tali vessazioni e torture da essere rimosso, processato e incarcerato
per sei anni fino alla morte”. Questo sarebbe accaduto nel 1500. Peccato,
però, che non solo l'ammiraglio venne immediatamente liberato dai
Reali (che gli chiesero ufficialmente scusa per quell'arresto arbitrario)
non appena sbarcato a Cadige, ma nel 1502 gli fu concesso di ripartire per la
sua ultima spedizione. E in quanto alla morte, lo colse soltanto nel 1506 nella
sua casa di Valladolid. Senza parlare poi del fatto che a processarlo fu quel
tale Bobadilla che, travisando gli ordini ricevuti dai Reali, non vedeva l'ora
di farla pagare all'odiato genovese. Colombo, infatti, da Viceré
pretendeva di comandare gli aristocratici (e sanguinari) caudillo spagnoli,
insofferenti della sua disciplina.
Martini dunque dice basta alle calunnie e alle menzogne che di tanto in tanto,
ma sempre più spesso, colpiscono la figura dello Scopritore. Ed elenca
sia i detrattori sia gli studiosi il cui lavoro è riconosciuto a livello
mondiale per aver contribuito a delineare l'identità e la statura
intellettuale del personaggio Cristoforo Colombo. Tra questi, tanto per citare
alcuni nomi della cosiddetta scuola genovese, Aldo Agosto, ex direttore dell'Archivio
di Stato di Genova, e il compianto Paolo Emilio Taviani.
C'è da dire che Martini non risparmia qualche staffilata anche
a Genova, troppe volte matrigna con i suoi figli. E ricorda di come il 12 ottobre,
anniversario della scoperta dell'America nel 1492, viene celebrato tanto
negli Stati Uniti quanto in America latina, come Columbus Day. Mentre a Genova
quel giorno viene ignorato. Perché? Forse la risposta, dice Martini,
si trova nelle parole del radicale pessimista franco-romeno Emile Cloran (1911-1995):
“Per disarmare gli invidiosi dovremmo uscire per strada con delle stampelle.
Solo lo spettacolo del nostro decadimento umanizza un po' i nostri amici
e i nostri nemici, i quali tutto possono sopportare, tranne i nostri successi”.
E i genovesi, fa capire Martini, non hanno mai sopportato che uno di loro possa
aver avuto tanto successo.
“Un insetto che sferza il vento” di Dario G. Martini, Società Editrice Sampierdarenese, 2008, pp. 128, ISBN 9788889948149, €10,00.
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